È rubato all’infanzia il ricordo prezioso di estati ed estasi infinite tra nuotate con le sirene e mietitura, sogni e possibilità con un primo, un secondo tempo e una fine: il grande film della vita di tutti noi. Ma anche, viaggio junghiano della memoria, ripensamenti analitici, crudeli o assolti di un’età che si perde o si acquista per tutta la vita: “ho messo l’infanzia in tasca e sono andato avanti, perché era tutto quello che avevo”, “ho rimesso l’infanzia in tasca e vado avanti, perché è tutto quello che ho”.
Raffaele Curi
Il difficile, complesso rapporto con il passato e con la memoria. Non come nostalgia, ma come presenza, essenza, formazione. Le immagini, le evocazioni, le risonanze di quel vissuto che ha generato il presente e la sua natura.
Il luogo, la radice, l’appartenenza, il riconoscimento. E l’Italia “dall’altra parte”, quella affacciata su un mare solo suo, piccolo, locale, eppure sterminato, infinito e solenne come l’infanzia e l’adolescenza.
Con “Oceano Adriatico” Raffaele Curi distoglie per un attimo lo sguardo dal futuro, per ricordare come il suo presente sia il prodotto di una stratificazione, che si risolve in paradigmi estetici e linguaggi condivisi.
Visioni, riemersioni, illuminazioni, fantasmi, frammenti fissi e mobili. Una valigia di valori e di suggestioni che galleggia nel grande mare, da dove si parte e che ci attende tornare.